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IL MIURO DI JADDICO

JADDICO, IL TESORO NASCOSTO
(tratto da “Il muro di Jaddico” di Dario Amodio)
     Tutto ebbe inizio con un sogno fatto dal vigile urbano Teodoro D’Amici, quarantanove anni, sposato con tre figli. La notte dell’11 agosto del 1962 sognò la Madonna di Jaddico che lo invitava ad andarla a trovare a mezzanotte portandole fiori e candele.
La località gli era ben nota dall’infanzia.

Da quelle parti il padre (Antonio detto Cocombra) possedeva un terreno coltivato a vigneto, e lui ci era andato spesso, da ragazzo, a dare una mano. Salvatore D’Amici, suo cugino, anche lui contadino con una campagna da quelle parti, lo ricorda perfettamente.

 “Doveva passare per forza di là – dice – perchè il mio terreno arrivava quasi al muro diroccato della Madonna. Tutti noi contadini – aggiunge – avevamo una venerazione per quell’immagine sacra scolorita dal tempo. Io stesso quando mi trovavo a zappare più vicino a quel muro facevo attenzione a non voltare le spalle alla Madonna. Per rispetto”.

Quando passava di là, Teodoro si fermava a scambiare qualche parola con Salvatore, e se il cugino non c’era, o era lontano, lui si fermava lo stesso, da solo, sul ponticello situato proprio di fronte all’affresco della Madonna, si sedeva sul parapetto con le gambe penzoloni, o a cavalcioni, e restava a sognare incantato, attratto da una forza dolce e misteriosa che emanava da quel tronco di muro antico.

Il luogo era aspro, selvatico; c’era un canneto affogato in uno stagno pieno di rovi spinosi, popolato da bisce e serpenti. Chi sa quali pensieri attraversavano la mente di quel ragazzo a quel tempo; certo dovevano essere giunte anche a lui le voci che circolavano tra i contadini della zona, che a Jaddico c’era un’occhiatura, cioè un tesoro nascosto, protetto da fantasmi e da incantesimi. Ma c’era la Madonna, e lei era il suo tesoro; aveva per la Vergine Maria una devozione semplice, fatta di piccoli gesti nascosti, di silenzi e di slanci infantili: “Quando sarò grande ti costruirò una casa, una chiesa, ti coprirò e proteggerò la tua immagine dalle intemperie”.

Così arrivò a prometterle un giorno.

Poi entrò nel vortice dell’esistenza, e la sua mente e il suo cuore furono presi dalle cose del mondo. Si stava facendo grande e cominciava a confrontarsi con le difficoltà della vita, coi problemi di casa, della famiglia. Frequenterà una scuola di avviamento professionale che interromperà per andare a lavorare: ora in campagna col padre, che faceva il caporale nello stabilimento di Ugo Guadalupi, ora commesso con la ditta Bellocchi, che alla Commenda vendeva carbone. Per irrobustirsi fisicamente e fortificare il carattere iniziò a frequentare la palestra di pugilato; era considerato forte, coraggioso, e sostenne perfino un incontro da dilettante, ma prese tante botte che reputò più conveniente non proseguire con la noble art.

Seguirono rapidamente le tappe più importanti della sua vita: il servizio militare a Barletta. Qui incontra una ragazza, Giuseppina Cassano, di cui si innamora, e che sposa; da lei avrà tre figli, due femmine e un maschio. Poi la II guerra mondiale col seguito di lutti e rovine, le difficoltà del dopoguerra in una città stremata dai bombardamenti, la disoccupazione, e finalmente un posto fisso, un lavoro sicuro come guardia della Polizia Municipale.

Il personaggio si mette subito in mostra per la serietà e l’impegno nel lavoro che spesso interpreta in modo “eccessivo”; anzi, proprio l’eccesso di zelo finisce per alienargli qualche simpatia. E’ burbero, dicono, autoritario, troppo severo, non perdona niente a nessuno. Ma in privato, chi lo conosce, giura che è un simpaticone, una pasta d’uomo. Lo dicono estroverso, incline ai piaceri mondani; ama la battuta scherzosa, le riunioni conviviali con qualche bicchierozzo di vino. Quanto alla fede, è piuttosto freddo; a messa ci va, ma ogni morte di papa.

Ed ecco che quando sta per compiere cinquanta anni, e tirare soddisfatto un primo bilancio della vita, la Madonna di Jaddico rientra all’improvviso nella sua storia ordinaria e lo pone di fronte a quel muro antico che nel buio della notte si illumina di una luce stupenda e misteriosa. Sconvolto, abbagliato da quella luce, Teodoro cade in ginocchio e prega: “Madonna mia, dimmi cosa vuoi da me. Tutto ciò che vuoi, mi farò servo per accontentarti”. E in sogno la Madonna gli dirà: “coprimi, ho freddo” e gli mostrerà il muro pericolante. Il messaggio è chiaro e Teodoro decide di costruire a sue spese almeno il rustico della nuova chiesa.

Intanto gli appuntamenti a Jaddico si ripetono, diventano quotidiani, e richiamano altre persone che di sera si riuniscono in preghiera, e assistono alla manifestazione di quella luce meravigliosa e di altri fenomeni misteriosi. La sera del 2 ottobre, presenti quindici persone, si ripete il fenomeno della luce mentre il muro minaccia di crollare.

Marcella Mele, che era lì con le sorelle, ricorda che il muro ondeggiava. “Il lumino acceso in un buco del muro, si muoveva da una parte e dall’altra benchè il vento si fosse fermato. Prima non si era mai mosso. Allora Teodoro si precipitò giù gridando: “Il muro crolla, il muro crolla, la Madonna cade”.

L’indomani mattina Teodoro si consultò col geometra Iaia e immediatamente fu provveduto a consolidare il muro con un pilastro di cemento; nei giorni seguenti iniziò a prendere corpo l’idea dell’erezione di una chiesa che inglobasse e proteggesse il muro con l’effige della Madonna. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: non solo è stata costruita la chiesa dove c’era quella antica, ma intorno ad essa si è sviluppato l’ambizioso progetto di una cittadella di spiritualità mariana. E questo grazie alla dedizione di Teodoro e dei suoi compagni di fede, che subito gli si strinsero intorno accettando di indossare con lui gli umili panni dei Servi della Madonna.

Qualcuno ora si chiede: ma perchè Teodoro D’Amici? Perchè proprio lui che non sembrava certo un uomo toccato dalla grazia?

Perchè era coraggioso, rispondono. Per arrivare di notte davanti al muro di Jaddico e accendere un cero, bisognava entrare in un covo di serpi e di rovi con topi grossi come gatti, bisognava superare le paure delle dicerie popolari, degli incantesimi e dei fantasmi, bisognava avere una forza d’animo non comune; e lui ce l’aveva.

Perchè era un uomo serio, dicono altri, di parola, e una volta preso l’impegno con la Madonna circa la costruzione della chiesa, l’opera, prima o poi, sarebbe stata compiuta. Com’è stato.

Ma la verità forse è un’altra ed è più semplice, elementare. Forse è stato scelto lui perchè malgrado la dura scorsa che il mondo gli aveva cucito addosso, nell’intimo del suo cuore era rimasto piccolo come quel bambino che giocava davanti al muro della Madonna, sognando di potersi impadronire un giorno del tesoro nascosto a Jaddico, il vero tesoro, che è la luce misericordiosa della Vergine Maria.